Cose viste, lette, sentite nel 2015 (parte 2)

Come ogni anno, ogni redattore di 404 ha preparato un breve elenco con il libro, il film o la serie tv, l’album e il post che vuole segnalare e suggerire fra quelli usciti nel 2015. Qui la prima parte.

Buone letture, ascolti e visioni.


Francesca Lorenzoni

Serena Vitale, Il defunto odiava i pettegolezzi, Adelphi

Due mesi più tardi Lili scriverà nel diario: «Il 15, alle 7 del mattino, in albergo, ci aspettava un telegramma inviato il giorno prima: “STAMATTINA VOLODJA SUICIDATO STOP LJOVA JANJA”».
Alle 17,30 lo scultore Luckij e il modellatore Kučerov prendono il calco del volto e delle mani del cadavere. Lavorano maldestramente, usano poca vaselina. Due giorni più tardi, sfilando davanti alla bara aperta qualcuno noterà il naso lievemente schiacciato, lividure sotto lo zigomo sinistro: sembrano i segni di una caduta. O di una colluttazione? Ma con chi lotta un suicida?
Viene chiamato uno scultore più esperto, il famoso Sergej Merkurov (sua è la maschera mortuaria di Lenin). L’assistente sta preparando il gesso quando bussano alla porta. È uno sconosciuto – alto, corporatura massiccia – seguito da due uomini in camice bianco. Si sofferma brevemente nella stanza da pranzo. Un prolungato stato influenzale, dice, può avere effetti deleteri sulla psiche, quindi «Allontanate i parenti». Grinkrug accompagna il terzetto nella camera di Majakovskij. Chi resta fuori sente colpi «impudentemente forti – si poteva credere che abbattessero un albero».
I tre uomini escono dalla stanza di Majakovskij. L’ultimo regge con cautela una vaschetta: sotto il panno bianco si intravede una piccola piramide tronca. «Sembra una pascha,» pensa qualcuno «già, fra cinque giorni…». Di colpo di riscuote, ricorda in quale secolo, in quale Paese si trova. Non è il dolce di ricotta che un tempo si preparava per Pasqua: è il cervello di Majakovskij.

Jafar Panahi, Taxi Teheran, Iran

Panda Bear, Panda Bear meets the grimp reap, Domino Records

Massimiliano Civica, Legge contro il dialetto. La lingua unica della riforma teatrale, Doppiozero

Malvolio: Restiamo all’ambito teatrale, la prego!
Civica: Certo. Dunque, oltre a puntare su un pubblico di “massa” da intrattenere con lo “spettacolo”, l’attuale riforma e quella fascista rischiano di avere un altro punto in comune…
Malvolio: E sarebbe?
Civica: La guerra al “dialetto”. In epoca fascista fu proibito alle compagnie dialettali l’accesso ai teatri ufficiali, dove potevano agire solo le compagnie che recitavano in lingua. Questo perché il Fascismo perseguiva il pensiero unico e l’immagine di un’Italia in cammino verso magnifiche sorti progressive. Le compagnie dialettali, come quella dei De Filippo, di Raffaele Viviani, di Giovanni Grasso, invece mettevano in scena personaggi cenciosi e affamati, mostrando la povertà, la miseria e l’ingiustizia che c’erano dietro la facciata del regime.
Malvolio: Ma cosa c’entra con oggi? Il teatro di ricerca, che le piace tanto, parla forse in dialetto?
Civica: Certamente. Il teatro italiano più vivo, più in contatto con i problemi reali dell’oggi, ha sempre parlato in dialetto. Naturalmente non intendo il “dialetto” nel senso della parlata vernacolare, ma nel senso di “idioletto”. Sto parlando ciò di artisti che, partendo da se stessi, dalle propria esperienza e dalla realtà regionale e locale in cui vivono, riescono a trasportare su di un piano universale, e dunque “in lingua”, la testimonianza dei dolori, delle idiosincrasie e dei drammi in cui sono immersi nella loro vita quotidiana.


Lorenzo Mecozzi

Ben Lerner, Nel mondo a venire, Sellerio

«Mi proietterò in diversi futuri simultaneamente», avrei dovuto rispondere, «con un lieve tremolio della mano; mi imbarcherò in un percorso dall’ironia alla sincerità nella metropoli che sprofonda, come un aspirante Whitman della vulnerabile rete».

Mad Men, Season 7, AMC

Belle and Sebastian, Girls in Peacetime Want to Dance, Matador

Barbara Carnevali, Stoner: la grammatica della vita, Le parole e le cose

La letteratura, insomma, è una forma, anzi, la forma più alta di filosofia morale. Essa ha per oggetto la condizione umana, su cui riflette attraverso la scoperta e l’analisi dei suoi topoi –nascere, generare, lavorare, amare, ammalarsi – tutti iscritti nell’ordine naturale e dominati dall’essere-per-la-morte. Alla luce di questi esistenziali, vasti luoghi comuni in cui le singole vite individuali si incontrano e riconoscono le loro leggi universali, le caratteristiche contingenti di ogni esistenza, e i beni specifici di cui essa può godere, si disvelano nel loro vero valore, nella loro potenziale bellezza. In questo senso, la poesia non è altro che una domanda incessante sul significato della vita. Ecco perché Archer Sloane, dopo aver incalzato l’allievo sul significato del sonetto di Shakespeare – «What does he say to you, Mr. Stoner? What does his sonnet mean?» – si dimostra sorprendentemente soddisfatto della non-risposta di Stoner, che è riuscito soltanto a balbettare: «“It means […]. It means”, he said again, and could not finish what he had begun to say. Sloane looked at him curiously. Then he nodded abruptly and said: “Class is dismissed”» (p. 12). Evidentemente, l’allievo ha capito l’essenziale di ciò che doveva capire; ha smesso di leggere le parole impresse sulle pagine senza comprendere che in esse è in gioco il senso della vita umana.


Luca San Mauro

Fredrik Sjöberg, L’arte di collezionare le mosche, Iperborea

Bastano i colori a mettermi di buonumore. I fiori dell’acero sono di un giallo verdognolo e le foglie delicate di un verde giallognolo, è giusto così, non il contrario. A distanza la mescolanza di queste due sfumature ne crea una terza, talmente bella che non ci sono parole per descriverla. Il verde si fa più cupo, come tutti sanno, con l’avanzare dell’estate, e la fioritura dell’acero segna l’inizio, il momento in cui si raggiunge il culmine della luminosità e della bellezza. Ancora una settimana, forse due, e interverrà l’austera serietà degli ontani. Mi piacerebbe così tanto che tutti lo sapessero. “L’acero fiorisce”. Basterebbe questo messaggio sulla segreteria telefonica. Si capirebbe. Si vedrebbe il colore, se ne riconoscerebbero le sfumature, e si capirebbe. Che tutto allora vola, proprio tutto. Mille commenti. Un intero apparato di note a piè di pagina.

Paul Thomas Anderson, Vizio di forma, Stati Uniti

Gaussian Curve, Clouds, Music from Memory

Kevin Pang, Fixed Menu, Lucky Peach

This idea of prison foods – mainly, ‘What is good enough?’ – requires a fair bit of philosophical reconciling. Constitutional scholars have argued the extent to which prisoners’ rights are afforded ever since the 13th amendment was adopted: “Neither slavery nor involuntary servitude, except as a punishment for crime whereof the party shall have been duly convicted, shall exist within the United States.” These terms leave a lot of leeway for interpretation when it comes to deciding what’s for dinner in lockup.

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